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Abgar, re Armeno, e la "Disiata forma vera" del Cristo

Re Abgar riceve da San Taddeo il Sacro Sudario



Movesi il vecchierel canuto et biancho 
del dolce loco ov’à sua età fornita
e da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi trahendo poi l’antiquo fianco 
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto più pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, e dal camino stanco;
e viene a Roma, seguendo ’l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassù nel ciel vedere spera.
cosí, lasso, talor vo cerchand’io, 
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.



È questo il sonetto di Francesco Petrarca in cui il poeta in cui per la prima volta nella storia dell'uomo moderno, l'uomo si confronta attivamente con Dio paragonando la ricerca del suo volto a quello della donna desiderata. 
Un passaggio fondamentale che oltre che far scendere il Cristo dalla Croce riportandolo al suo sembiante umano, ne cerca il volto, per farlo più vicino alla propria condizione terrena! 



Locandina della mostra
"Il Volto Ritrovato: I tratti inconfondibili di Cristo"


L'uomo contemporaneo cerca il Cristo, e queste tematiche ancora più fortemente si sentono sotto Pasqua, ancora di più dopo l'annuncio a sorpresa, ma non troppo, che il Santo Padre Francesco regalandoci l'anno giubilare della Divina Misericordia.
Ma perché parlarne su di un blog riguardarne la presenza Armena Italia?
Il re Abgar di Armenia scrisse una lettera a Gesù Cristo che fece arrivare a Gerusalemme per mezzo del messo Anania. Il re era ammalato di gotta e di lebbra, due malattie non solo molto fastidiose ma anche estremamente disprezzabili, poiché indicavano una sofferenza non solo materiale ma erano sintomo di un profondo malessere morale. 
La tradizione ci viene dalla Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea del IV secolo che a sua volta riporta i Vangeli Apocrifi e gli Acta Taddei. 



I fatti si sarebbero svolti nell'anno 32 e siamo ben lontani dall'avvento di San Gregorio Illuminatore che convertì Tiridate e con con lui incoronò l'Armenia prima nazione cristiana della storia dell'umanità.

Eusebio ci riporta le due Lettere:


Copia della lettera scritta dal re Abgar a Gesù e inviata a Gerusalemme per mezzo del corriere Anania.
Il re Abgar Ukkama a Gesù salvatore buono apparso nella regione di Gerusalemme, salute!
Ho udito parlare di te e delle guarigioni che tu operi senza alcun medicamento e senza erbe. Giacché, a quanto si dice, tu fai vedere i ciechi e camminare gli storpi; tu purifichi i lebbrosi, scacci gli spiriti impuri e i demoni, guarisci gli oppressi da malattie croniche e risusciti i morti. [2] Udendo di te tutte queste cose, mi sono ora convinto che una di queste due cose è vera: o tu che operi queste meraviglie sei Dio stesso disceso dal cielo, oppure tu, compiendo queste cose, sei il Figlio di Dio. [3] Ti ho scritto perciò per supplicarti di venire da me a guarirmi dalla malattia che mi affligge. Ho anche udito che gli Ebrei mormorano contro di te e vogliono farti del male: sebbene la mia città sia molto piccola, è tuttavia onorabile e basterà a tutti e due
Risposta di Gesù al re Abgar per mezzo del corriere Anania: 
[4] Tu beato che hai creduto in me, senza avermi visto! A proposito di me sta scritto che coloro che mi hanno visto non crederanno in me affinché coloro che non mi vedranno credano in me e vivano. A proposito dell'invito che mi hai fatto di venire da te, è necessario ch'io compia le cose per cui sono stato mandato e, dopo aver compiuto questo, ch'io salga presso colui che mi ha mandato. Dopo che sarò salito, ti manderò uno dei miei discepoli affinché ti guarisca dalla malattia ed offra a te e ai tuoi la vita. 
A queste lettere era annessa anche la seguente narrazione in lingua siriaca. 

[5] Dopo l'Ascensione di Gesù, Giuda, detto pure Tommaso, gli mandò l'apostolo Taddeo, uno dei settanta. Questi, quando giunse, si fermò presso Tobia, figlio di Tobia. Si divulgò la notizia della sua venuta e fu riferito ad Abgar che era arrivato un apostolo di Gesù, come gli aveva scritto. [6] Con la virtù divina, Taddeo principiò a guarire ogni genere di malattie e di infermità, sicché tutti si stupivano. Quando Abgar venne a conoscenza delle magnifiche e stupende opere che faceva e delle guarigioni che operava, ebbe il sospetto che fosse davvero colui di cui gli aveva scritto Gesù: 
Dopo che sarò salito, ti manderò uno dei miei discepoli affinché ti guarisca dalla malattia. 
[7] Chiamò dunque Tobia, presso il quale abitava, e gli disse: 
Ho udito che in casa tua è venuto ad abitare un uomo potente. Conducilo da me. 
Quando tornò, Tobia disse a Taddeo: 
Il re Abgar mi ha chiamato e mi ha dato ordine di condurti da lui, affinché tu lo guarisca
Taddeo rispose: 
Andrò, giacché sono stato inviato a lui con potenza.
[8] Il giorno seguente, di buon mattino, Tobia prese con sé Taddeo e si recò da Abgar. Quando entrò, attorno al re vi erano tutte le più grandi autorità; e subito, ai primi passi, Abgar vide sul volto dell'apostolo Taddeo qualcosa di divinamente grande e si prostrò davanti a lui. Tutti i presenti si stupivano, non avendo visto nulla di quanto era apparso soltanto ad Abgar. [9] Questi interrogò così Taddeo: 
Sei tu veramente un discepolo di Gesù, Figlio di Dio, che mi disse: 'Ti manderò uno dei miei discepoli affinché ti guarisca e ti offra la vita'?. 
Taddeo rispose: 
Sono stato inviato a te perché tu hai creduto. Se continuerai a credere, tutti i desideri del tuo cuore si compiranno secondo la tua fede. 
[10] Ed Abgar a lui: 
Ho talmente creduto in lui che avrei voluto radunare un esercito per distruggere gli Ebrei, suoi crocifissori, se non fossi stato ostacolato dall'impero romano. 
Taddeo disse:
Nostro Signore compì la volontà del Padre suo e, dopo averla compiuta, ritornò a lui. 
 [11] Abgar gli disse: 
Ed io ho creduto in lui e nel Padre suo.
 E Taddeo: 
Nel suo nome quindi ti impongo la mano. 
Subito dopo questo egli fu risanato dal malanno e dalla malattia di cui soffriva. [12] All'udire che dal suo discepolo Taddeo era realizzato quanto aveva udito di Gesù, il re si stupì: senza medicine, infatti, e senza erbe, non solo aveva risanato lui, ma anche Abdo, figlio di Abdo, sofferente di podagra, che era venuto ai suoi piedi ed era stato guarito dopo avere ricevuto la benedizione con l'imposizione delle mani. Diede la salute a molti altri abitanti di quella città, operò grandi miracoli e annunziò la parola di Dio. 

[13] Dopo di questo Abgar disse: 
Tu, Taddeo, fai questi prodigi con la potenza di Dio e noi ne siamo ammirati, ma ora ti preghiamo di parlarci della venuta di Gesù, come avvenne, della sua potenza e per quale virtù egli ha compiuto le cose che ho udito raccontare. 
[14] Taddeo rispose: 
Ora io tacerò. Essendo però stato mandato ad annunziare la parola di Dio, raduna (domani) tutti i cittadini: predicherò a tutti e seminerò nei loro cuori la parola di vita. Dirò ad essi come si realizzò la venuta di Cristo, parlerò della sua missione e del motivo per cui fu mandato dal Padre, della sua potenza, delle sue gesta, delle misteriose verità che rivelò al mondo, e dirò in virtù di quale forza egli ha compiuto tutto questo; parlerò della novità della sua predicazione, della sua umiltà e modestia. Esporrò come egli si sia abbassato, come cioè - per così dire - depose e diminuì la sua divinità, come fu crocifisso, discese nell'Ade e aperse quella prigione chiusa da molti secoli, come abbia risuscitato dei morti, come sia disceso laggiù solo e sia ritornato al Padre scortato da una grande folla.

[15] Abgar diede poi ordine ai cittadini che si radunassero di buon mattino per ascoltare la predicazione di Taddeo, al quale fece offrire monete e verghe d'oro. Ma egli rifiutò affermando: 
Avendo rinunziato ai nostri beni, come prenderemo quelli degli altri?. 
Ciò ebbe luogo nell'anno trecento e quaranta.

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Se misurassimo la modernità umana con il desiderio di contemplare la "Disiata forma vera", attraverso l'urgenza di "mirar la sembianza di colui ch’ancor lassù nel ciel vedere spera", Abgar l'Armeno sarebbe uno dei primi, se non il primo, ad essere affetto 'in nuce' dalla malattia della modernità.
Scrive a tal proposito Luis Borges, nel suo commento al Paradiso dantesco, canto XXXI v. 108:
Gli uomini han perduto un volto, un volto irrecuperabile, e tutti vorrebbero essere quel pellegrino (sognato nell’empireo, sotto la Rosa) che a Roma vede il sudario e mormora con fede: Gesù Cristo, Dio mio, Dio vero, così era, dunque, la tua faccia? Un volto di pietra c’è in una strada, e un’iscrizione che dice: “Il vero Ritratto del Santo Volto del Dio di Jaén”; se davvero sapessimo come fu, possederemmo la chiave delle parabole e sapremmo se il figlio del falegname fu anche il Figlio di Dio. […] Abbiamo perduto quei lineamenti, come si può perdere un numero magico, fatto di cifre abituali; come si perde per sempre un’immagine nel caleidoscopio. Possiamo scorgerli e non riconoscerli. Il profilo di un ebreo nella ferrovia sotterranea è forse quello di Cristo; le mani che ci porgono alcune monete a uno sportello forse ripetono quelle che i soldati, un giorno, inchiodarono alla croce. Forse un tratto del volto crocifisso si cela in ogni specchio; forse il volto morì, si cancellò affinché Dio sia tutti. Chi sa se stanotte non lo vedremo nei labirinti del sogno e non lo sapremo domani.

Per riscoprire questa tematica ed approfondirla suggeriamo di visitare la mostra "Il Volto Ritrovato: I tratti inconfondibili di Cristo". La mostra è aperta dal 21 al 29 marzo 2015 presso la Sala della Cannoniera della Rocca Paolina di Perugia. La mostra è promossa dalla Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve, dal Comune di Perugia, e dal Meeting di Rimini.

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